Un ponte dall’Oriente

9788890626838
12,00 € cad.
Nessun voto
Larghezza prodotto: 235 mm
Lunghezza prodotto: 165 mm
Altezza prodotto: 12 mm
Autore: Burigana RiccardoBurigana Riccardo

Passato, presente e futuro del decreto Orientalium Ecclesiarum nel 50° anniversario della sua promulgazione Il decreto Orientalium Ecclesiarum del Concilio Vaticano II rappresenta uno dei testi più interessanti per il contenuto, per le prospettive e per la sua attualità; infatti affronta il tema della natura teologica delle Chiese di tradizione orientale, che si sono unite a Roma, nel corso dei secoli, in una prospettiva di recupero e di valorizzazione del patrimonio spirituale, teologico e liturgico come parte qualificante della Chiesa Cattolica nella sua missione di dialogo con i cristiani, con le altre religioni e con il mondo, tanto centrale nei lavori del Vaticano II, tanto più dopo la pubblicazione dell’enciclica Ecclesiam suam da parte di Paolo VI. Il decreto ha avuto una lunga storia redazionale, coinvolgendo, in tempi diversi, numerosi padri che hanno voluto dare il loro contributo alla definizione di un tema che si è venuto definendo e arricchendo durante i lavori conciliari, acquistando sempre più una dimensione ecclesiologica, che spiega, in parte, il fatto che Orientalium Ecclesiarum venne promulgato lo stesso giorno della costituzione sulla Chiesa e del decreto sui principi cattolici dell’ecumenismo; con questi due documenti descrive una riflessione ecclesiologica nella quale si recuperano, rileggendoli con occhi nuovi, molti elementi della tradizione plurisecolare della Chiesa, con lo sguardo rivolto al presente e al futuro della missione della Chiesa. Da questo punto di vista il decreto è particolarmente interessante, dal momento che mantiene una straordinaria attualità, alla luce dei tanti gesti, compiuti in questi anni, per la sua recezione, tra i quali va ricordata la pubblicazione del Codice di Diritto per le Chiese Orientali; la sua attualità risiede anche nelle modifiche intervenute nell’orizzonte delle Chiese di rito greco-cattolico, nel corso degli anni, rispetto alla condizione nella quale queste Chiese vivevano ai tempi della celebrazione del Vaticano II. I mutamenti sono avvenuti soprattutto a causa della caduta del Muro di Berlino e della disintegrazione dell’Impero sovietico. Questo passaggio storico ha consentito a tanti cristiani di rito greco-cattolico di uscire dalle «catacombe» dove la persecuzione comunista li aveva spinti, riuscendo così a scampare al martirio; infatti queste comunità avevano subito una capillare persecuzione, soprattutto in alcuni paesi, come la Romania e l’odierna Ucraina, subendo confische, processi e uccisioni che ne avevano minato profondamente la struttura. Al tempo stesso, la sempre più instabile situazione in Medio Oriente ha determinato una progressiva riduzione della presenza dei cristiani, in particolare delle comunità, che da secoli vivono in quella regione, alcune delle quali appartengono all’universo delle Chiese greco-cattoliche. Il decreto pensato e voluto dai padri conciliari alla luce di una situazione bene definita, che sembrava legata a una instabilità tale da renderla immodificabile, ha acquistato così una nuova valenza nella quale confluiscono elementi di aggiornamento e di novità nella direzione di una sempre migliore conoscenza del patrimonio di tradizione delle quali le Chiese greco-cattoliche sono portatrici. Proprio per il rilievo e per l’attualità del decreto Orientalium Ecclesiarum la Fondazione Giovanni Paolo II ha deciso di dedicare il quarto volume della collana Quaderni di Colloquia Mediterranea a questo documento conciliare che affronta una serie di temi così strettamente connessi alla vocazione della Fondazione per il suo impegno per lo sviluppo, il dialogo e la cooperazione in Medio Oriente. Anche per questo, fin dalla sua progettazione, che deve molto ai suggerimenti e alle proposte di mons. Luciano Giovannetti, presidente della Fondazione, il volume si è venuto configurando come uno strumento per conoscere meglio questo documento conciliare, non tanto da un punto di vista storico-teologico, quanto piuttosto come fonte per guidare i cristiani nella riscoperta delle ricchezze e delle difficoltà di vivere l’unità nella condivisione quotidiana e totale delle diversità. Per questo, dopo delle prime sintetiche note per una storia della redazione del decreto, si ha un primo commento teologico-pastorale alle quali seguono una serie di contributi, con i quali si mette in luce la complessità del mondo delle Chiese greco-cattoliche in relazione alla recezione del decreto Orientalium Ecclesiarum. In questa prospettiva si può leggere il contributo di mons. Dimitrios Salachas, Esarca Apostolico per i cattolici di rito bizantino in Grecia; mons. Salachas, impegnato da anni nel dialogo ecumenico, autore di numerosi saggi teologico-giuridici, presenta l’identità e la missione delle Chiese Orientali Cattoliche proponendo una lettura congiunta di Orientalium Ecclesiarum e del decreto sui principi cattolici sull’ecumenismo, con un evidente recupero della profonda unità dei due documenti, voluta dai padri conciliari e sostenuta, anche se non sempre con quella evidenza che era forse necessaria, negli anni della recezione del Vaticano II. Seguono le pagine di mons. Virgil Bercea, vescovo di Oradea, dedicate all’esperienza della Chiesa greco-cattolica romena, che trae dalle drammatiche vicende che hanno segnato gran parte della sua storia del XX secolo una forza del tutto particolare, come si può cogliere dalla conoscenza delle comunità che si trovano in Italia. Su un altro piano si collocano le riflessioni sulle comunità greco-cattoliche di lingua albanese, presenti in Italia, da parte di mons. Donato Oliverio, eparca di Lungro, che ci proietta sull’oggi di queste comunità. Alla domanda su quale possa essere il contributo del decreto Orientalium Ecclesiarum per il cammino ecumenico offrono delle risposte, prima il padre domenicano Vincenzo Caprara, delegato per il dialogo ecumenico e interreligioso della diocesi di Fiesole, soffermandosi sulla dimensione spirituale alla quale rinvia il decreto nel suo proporre un recupero del patrimonio spirituale dell’oriente cristiano. Da padre Roberto Giraldo, a lungo preside dell’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino di Venezia, viene proposta una riflessione sulla dimensione ecclesiologica delle Chiese greco-cattoliche; si tratta della lezione tenuta dal padre francescano in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte della Facoltà di Teologia di Pitești (Romania), che ha voluto così manifestare l’apprezzamento di tanti teologi romeni per quanto Giraldo ha fatto per la promozione di un dialogo ecumenico fondato sull’amicizia e sulla verità. Sempre in una prospettiva del dialogo ecumenico si collocano le riflessioni di mons. Andrea Pacini, docente alla Facoltà di Teologia dell’Italia Settentrionale, nella sezione di Torino, delegato per l’ecumenismo della Conferenza episcopale del Piemonte e della Valle d’Aosta, profondo conoscitore del cristianesimo orientale in tutte le sue articolazioni. Al padre benedettino Manuel Nin, rettore del Collegio Greco Sant’Anastasio, si deve una attenta e puntuale lettura di alcuni aspetti del decreto in grado di rendere sempre più evidente il ruolo delle tradizioni greco-cattoliche nel ripensamento della Chiesa Cattolica per rafforzare la propria missione da una parte e dall’altra il cammino ecumenico. Luiz Carlos Luz Marques, docente di Storia all’Università Cattolica del Pernambuco, e Guido Bellatti Ceccoli, ambasciatore della Repubblica di San Marino presso il Consiglio d’Europa, presentano due pagine sulla storia del rapporto tra le tradizioni greco-cattoliche e la Chiesa Latina, la prima legata alla celebrazione del Vaticano II, mentre la seconda alla presenza stessa delle comunità nell’Occidente cristiano. Infine, nell’Appendice si può leggere il decreto nella versione latina originale, tratta dalla pagina web della Santa Sede, mentre per la traduzione italiana si rimanda alle numerose edizioni dei documenti del Vaticano II. Sempre in Appendice viene anche proposto il testo dello schema De Ecclesiae unitate Ut unum sint, inviato ai padri conciliari in vista della sua discussione in aula conciliare nella Prima Sessione del Vaticano II; la sua lettura mostra quanto la celebrazione del Vaticano II ha determinato un approfondimento della dimensione biblica, pastorale ed ecumenica nella redazione dei documenti. Con questo volume, come si coglie dalla varietà dei temi affrontati, non si vuole fornire una parola definitiva sulla storia della sua redazione, sulla recezione e sulla attualità del decreto Orientalium Ecclesiarum, ma esprimere un grazie, speciale, per la testimonianza evangelica delle comunità greco-cattoliche che vivono, ancora, soprattutto in Medio Oriente, un tempo di grande difficoltà che fa temere ad alcuni per la loro stessa esistenza. Rileggere il decreto, nella luce delle voci qui raccolte, significa mettersi in cammino per scoprire di quanti doni spirituali, liturgici, teologici sono portatrici le tradizioni greco-cattoliche, chiamate, anche in questo tempo, a essere ponte tra mondi diversi, talvolta lontani, per rafforzare la costruzione dell’unità visibile della Chiesa nella diversità dei carismi e delle tradizioni, secondo quel modello di comunione apostolica al quale papa Francesco invita spesso a volgere lo sguardo per supere le difficoltà e vivere nella gioia e con speranza il dialogo ecumenico.
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